venerdì 21 marzo 2014

Primo decreto Renzi sul lavoro

È uscito oggi in gazzetta ufficiale il DECRETO-LEGGE 20 marzo 2014, n. 34 “disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e  per la  semplificazione  degli  adempimenti  a  carico   delle   imprese” o più semplicemente primo passo del jobs act del governo Renzi.
Premesso che “Le riforme del lavoro non creano occupazione ma l’occupazione la generano le imprese e quindi una buona riforma rende il rischio di assumere più sostenibile e quindi incentiva le imprese a rischiare (assumere di più)”, da una prima lettura del testo mi sembra di poter dire prudentemente che siamo sulla strada giusta…. vediamo perché:

  • L’eliminazione del requisito della causalità dai tempi determinati cancella un procedimento burocratico che non tutelava nella sostanza nessuno e che aveva l’effetto soltanto di aumentare il rischio del contenzioso legale e quindi disincentivare l’instaurazione di nuovi rapporti di lavoro. Con questo tipo di intervento finalmente si creano le condizioni di una maggiore correlazione tra reali fabbisogni delle aziende e piani di sviluppo occupazionali su un orizzonte temporale di almeno 3 anni. È evidente che nel caso auspicato di un consolidamento e di un successo dei piani aziendali, sarà interesse della stessa azienda stabilizzare i contratti temporanei al fine di salvaguardare gli investimenti di formazione e sviluppo sulle persone. È ancor più evidente che nello specifico ciclo economico/produttivo in cui ci troviamo, questo provvedimento evita alle aziende che ipotizzano una crescita, di irrigidirsi negli organici e quindi le rende più disponibili ad accrescere il numero dei lavoratori avendo più certezza dei costi e minori minacce da parte di ricorsi distorsivi alla magistratura.
  • La possibilità di prorogare fino ad un massimo di 8 volte il contratto a tempo determinato entro il limite di 3 anni (sulla stessa attività lavorativa), è un altro intervento positivo in grado di spingere le aziende a portare il cuore oltre l’ostacolo e quindi a generare più occupazione dipendente. Di fatti le facoltà di proroga danno la possibilità di flessibilizzare gli organici conformandoli alle effettive necessità previsionali e incentivando gli investimenti che generano occupazione.
  • La semplificazione dei contratti di apprendistato era da tempo auspicata. In particolare la eliminazione dalla obbligatorietà del ricorso alla offerta formativa pubblica sana una distorsione spesso poco utile nei contenuti (corsi)  e soprattutto molto onerosa dal punto di vista della gestione burocratica da parte delle aziende. Anche questo intervento mi pare che vada verso una riduzione degli adempimenti, una riduzione dei rischi di contenzioso e di conseguenza incentiva maggiormente le aziende ad assumere.


Per quanto riguarda tutte quelle posizioni avverse, a mio avviso ideologiche, che ritengono che una aumento della flessibilità in ingresso significhi “sempre” un aumento della precarietà, bisogna invece rispondere portando la riflessione sulla specificità del ciclo produttivo in cui ci troviamo e sulla situazione occupazionale attuale. Con il presente alto livello di disoccupazione infatti maggiore flessibilità in entrata significa maggiore possibilità di occupazione a fronte di una crescita di investimenti.  La Legge Fornero, che aveva il pomposo obiettivo di plasmare "un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantità e qualità" è rimasta una dichiarazione di principio, non seguita da risultati concreti. La Fornero, con la complicità della Cgil, si era basata sull'assunto “errato” e solo teorico che per creare occupazione stabile, era necessario irrigidire la flessibilità in entrata dei contratti di lavoro*.

Speriamo quindi che il percorso in parlamento non snaturi questo primo provvedimento….


*la fonte del corsivo è Giorgio Giva ex responsabile delle relazioni industriali di Fiat Auto da cui nel mio piccolo ho imparato molto