domenica 1 dicembre 2013

PIL trimestrale italiano e disoccupazione giovanile



Gli ultimi dati ISTAT continuano a fotografare la situazione drammatica della disoccupazione giovanile. Una generazione di italiani è senza lavoro ma soprattutto una generazione non ha l’opportunità di formarsi per diventare lavoratori “maturi” e competenti. Di fatti tutte queste persone non stanno avendo la possibilità di imparare “lavorando” in una fase cruciale della loro vita lavorativa. La conseguenza drammatica sarà che, anche se a breve l’economia ripartirà e si spera ricomincerà a creare lavoro, queste persone saranno “fuori” da questa ripresa perché non in possesso delle competenze e delle esperienze “adatte” per le organizzazioni.
La realtà è diventata grave anche per i laureati. In modo particolare per le lauree umanistiche e legali. Così come per il mercato del lavoro in cui è evidente che la riforma fornero purtroppo non ha avuto effetti anti-crisi occupazionale, anche per le università occorre ripensare seriamente ad una riforma che colleghi studi e sbocchi lavorativi. Mi piange il cuore doverlo dire ma non possiamo più permetterci scelte di studio mosse soltanto da motivazioni “vocazionali” e/o culturali. Tutti dovremmo spiegare ai ragazzi (e in modo particolare i professori) che si accingono a fare le loro scelte di studio che oggi purtroppo non c’è tempo di scelte di passione ma che bisogna orientarsi verso “titoli” che siano in grado di dare una occupazione e che mettano in grado di percepire un reddito.
Senza scomodare teorie macroeconomiche, possiamo renderci conto tutti che il nostro sistema sociale si regge su un patto tra chi produce reddito e chi lo ha in passato prodotto o che a breve lo produrrà. Questo patto rende possibile i servizi pubblici, lo stato sociale, la scuola, la sanità e tutto ciò che la società offre a ogni cittadino e a cui noi ci siamo abituati come una realtà immutabile. Con una generazione che non è in grado, non per sue responsabilità, di generare reddito il sistema rischia di deflagrare.

Sarò provocatorio ma forse è il caso di spiegare a chi si appresta a fare delle scelte di studio o in genere professionale che diventare generatori di reddito non è solo un diritto ma anche un dovere di cittadino.