martedì 21 maggio 2013

Purtroppo anche con questo governo non vedo prospettive positive per il rilancio della occupazione…

Dopo una serie di annunci sembra che finalmente il nuovo ministro Giovannini abbia chiarito gli interventi che vuole attuare per rilanciare l’occupazione.

Spero di sbagliarmi ma credo che non avranno effetti significativi.

Prima di tutto resto ancora perplesso sul fatto che ancora i ministri del lavoro perseverano a non confrontarsi con chi operativamente sviluppa e gestisce le assunzioni nelle aziende e cioè gli HR manager mentre continuano a sentire soltanto le “parti sociali”.

Da quello che leggo sui giornali il Ministro intende in sintesi:

-          Favorire l’apprendistato

-          Semplificare il contratto a termine (in pratica tornare ad una situazione ante Fornero)

-          Favorire il ponte generazionale

In realtà l’apprendistato, al netto degli sciagurati effetti del titolo quinto della costituzione, ed è sulle differenziazioni regionali che si dovrebbe intervenire, va benissimo così. Già adesso è possibile modificarlo con gli accordi integrativi aziendali e renderlo più adatto alle esigenze specifiche delle aziende. Tuttavia come è stato ampiamente dimostrato, l’apprendistato non assorbe l’enorme stock di parasubordinati over 30 che in Italia si sono generati. La riforma Fornero ha giustamente sfavorito il ricorso alla flessibilità negativa di tutti quei contratti che autonomi non sono. Ma non ha offerto una valida alternativa. Chi ci pensa a tutti i lavoratori espulsi dalla crisi ma professionalizzati?

Le riforme del lavoro non creano occupazione. L’occupazione la generano le imprese. Una buona riforma rende il rischio di assumere più sostenibile e quindi incentiva le impese a rischiare (assumere di più). Nella attuale situazione economica del paese non si scappa: bisogna introdurre forme contrattuali a “tutela indennitaria” che sostituiscano tutte le forme false di flessibilità ma allo stesso tempo rendano “certo” economicamente le rescissione per motivi oggettivi.

Sulla idea di tornare alle precedenti regole del tempo determinato credo sia un dietro front utile e auspicabile in questa congiuntura. Credo sia anche necessario eliminare definitivamente l’obbligo della causale che nella sostanza non garantisce il lavoratore ma è solo fonte di contenzioso.

Il ponte generazionale può essere un percorso che può trovare qualche applicazione nelle grandi banche o in altre organizzazioni simili. Ma nella stragrande maggioranza delle aziende non lo vedo applicabile.
La vedo dura però convincere un lavoratore anziano a diventare part-time alla fine della carriera con magari un figlio in cerca di occupazione o con un membro della famiglia in difficoltà.
In questo periodo chi ha un contratto di lavoro se lo tiene strettissimo…